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Le tappe

Agli inizi del ‘900 Panzini acquista il terreno di complessivi 17.384 metri quadrati subito a monte della linea ferroviaria, di proprietà della signora Elisa Trenthard, vedova Mayer, per edificarvi la sua dimora estiva.

1905. Prende il via la costruzione della villa. I lavori vengono affidati al muratore Elia Semprini di Savignano e la sorveglianza a Ruggero Stramigioli.

1906. Durante l’estate i lavori sono già a buon punto, praticamente quasi ultimati. Panzini e la famiglia abitano il villino già dall’estate del 1907.

1929. Alfredo Panzini dona il terreno e il fabbricato ai figli Piero, Emilio e Matilde.

1930. Il 12 giugno Piero, Emilio e Matilde ampliano la proprietà acquistando un terreno agricolo confinante di mq. 3810.

1931. I figli di Panzini acquistano altri 2000 mq. circa di terreno agricolo adiacente (del quale, nel 1961, cedono una piccola parte alla società elettrica romagnola).

1971. Con atto di vendita del notaio Ferri, il 26 febbraio 1971 i figli di Alfredo Panzini cedono a Franco e Osvaldo Vannucci circa 1500 mq. di terreno acquistato nel 1931.

1972. I figli di Panzini vendono 16.927 mq. di terreno a Immobiladria.

1973. I figli dello scrittore cedono un’ulteriore fetta di terreno a Immobiladria.

1976. Il 7 giugno la Casa rossa ed un’area circostante di 5050 mq. vengono venduti da Piero, Emilio e Matilde Panzini alla Immobiladria spa.

1981. Viene introdotto il vincolo (tutela ex Lege 1089-1939) sulla Casa ed il terreno circostante, acquistati da Alfredo Panzini nel 1909, per complessivi 17.384 metri quadrati.

1983. L’Amministrazione comunale approva una variante urbanistica che prevede un piano particolareggiato di iniziativa privata sull’area, in parte sottoposta a vincolo. La Giunta regionale, alla quale spetta un giudizio di merito, chiede al ministero competente un pronunciamento (che arriverà solo nel 1995).

1989. Il Consiglio comunale, all’unanimità, adotta la suddetta variante urbanistica recepita dal PRG vigente, che prevede un’area edificabile di 8 mila metri quadrati all’interno del parco.

1995. Il Comitato di settore del ministero, nelle sedute del 18 e 19 luglio ’95, esprime parere negativo alla variante, facendo riferimento ad “atti” trasmessi dalla Soprintendente per i beni artistici, ambientali ed architettonici di Ravenna, Anna Maria Iannucci e al parere dell’ispettore centrale del Ministero, architetto Bucci. Il Comune, pur avendone fatto richiesta, non riuscirà nemmeno ad esaminare la suddetta documentazione.

1996. Il 22 febbraio, presso la sede comunale, avviene un incontro che, almeno nelle premesse, sarebbe dovuto risultare decisivo. Attorno allo stesso tavolo siedono il sindaco Italo Lazzarini, il soprintendente Anna Maria Iannucci, il presidente dell’Istituto Beni Culturali dell’Emilia Romagna, Ezio Raimondi, il direttore dello stesso Istituto, Nazareno Pisauri, il rappresentante di Immobiladria (accompagnato da un legale) e l’architetto Stefano Campana.
E’ l’occasione per fare il punto sull’intera questione e cercare, dopo tanti anni di stallo, una soluzione accettabile dalle parti. Dopo un lungo confronto non ne esce una posizione unitaria, pertanto si concorda che al Comitato di Settore vengano inoltrate le tre seguenti ipotesi scaturite dalla riunione:
estensione del vincolo a tutto il terreno (anche a quello acquistato dai figli dello scrittore); mantenimento del vincolo fissato nell’81;
parziale ampliamento del vincolo anche all’area B1.
Si stabilisce anche di redigere l’elenco completo dei beni, sparsi in varie sedi.
In occasione dell’audizione davanti al Comitato di Settore il sindaco Italo Lazzarini apprende che il Comitato venne messo a conoscenza solo della richiesta di estensione totale del vincolo anziché delle tre ipotesi concordate nella riunione tenutasi in Comune.

1996. Con una delibera di Giunta (1 giugno) si indicano “criteri operativi e comportamentali”: vengono ribadite le volumetrie dell’83 (realizzazione di edifici, parcheggi e verde).

1997. Il Soprintendente per i beni artistici, ambientali ed architettonici di Ravenna, Anna Maria Iannucci, chiede al ministero l’estensione del vincolo a tutti i 23 mila metri quadrati. Non è ben chiaro cosa ci sia all’origine di tale decisione. Il Comune lo apprende dalla stampa e, in seguito, da una telegrafica comunicazione di otto righe a firma del Soprintendente.

1997, 10 maggio. Il sindaco Italo Lazzarini non si dà per vinto e scrive al ministro Walter Veltroni. “Già nel 1981 era stato introdotto un vincolo sulla Casa ed il terreno adiacente per una superficie di circa 18.000 metri quadrati, che ha reso inefficaci le previsioni di P.R.G. approvate dalla Regione Emilia Romagna con atto n. 5155 del 30.10.1990. Pertanto non è stato possibile trovare un accordo con la proprietà (Società Immobiladria) che avrebbe ceduto, a titolo di standard urbanistico, un’area di 13.000 metri quadrati, comprendente l’edifico e beni mobili. Malgrado ciò, la ricerca di un’intesa con la proprietà è proseguita fino a raggiungere un accordo secondo cui al Comune sarebbero stati ceduti ben 18.000 metri quadrati di terreno, con Casa Panzini ed altri locali di servizio, mantenendo edificabile solo una superficie di 6.000 metri quadrati che, del resto, non erano stati acquisiti dallo scrittore Alfredo Panzini, ma dai figli. Se questa ipotesi fosse giunta a buon fine, sarebbe aumentata l’area soggetta ad interesse pubblico e diminuita la cubatura edificabile da 12.000 a 9.000 metri cubi, mediante la costruzione di quattro edifici nel pieno rispetto dei vincoli vigenti. Poiché sia l’edificio principale che i locali adiacenti si trovano in uno stato di gravissimo degrado ed il terreno circostante risulta di basso livello qualitativo dal punto di vista ambientale, la soluzione sopra descritta ci è sembrata la più adatta a risolvere il problema, permettendo al Comune di intervenire per la sistemazione complessiva di un’area che l’Ente Pubblico non è in condizione di acquisire con le proprie risorse”.
Dopo aver ricordato che il Comitato dei cittadini della zona in cui sorge la Casa Rossa concorda con le procedure descritte, aggiungeva che “al di fuori di queste non si intravede alcuna soluzione che possa salvare l’edificio dal più completo abbandono, a meno che codesto ministero non intervenga con una somma non inferiore ai cinque miliardi”.
Il ministro riceve anche la replica (30 settembre) dei gruppi Wwf e Italia Nostra di Bellaria Igea Marina: “Si ha l’impressione che questa giunta, come tutte quelle che l’hanno preceduta, non abbia mai seriamente pensato di verificare se fossero percorribili altre strade per l’acquisizione del suddetto immobile nella sua interezza. In un contesto di generale e caotica urbanizzazione del pur vasto territorio del Comune, reso ancor più grave dalle previsioni del PRG, deve ritenersi ancor più urgente e doverosa la salvaguardia dell’unica area verde sopravvissuta nel suddetto territorio. Non è accettabile che anche quest’ultima area verde debba venire sacrificata alla logica del “costruire sempre e dovunque”. Una via diversa può e deve essere trovata. La realtà è che l’acquisizione della Casa e del Parco Panzini non è mai stata una priorità…”.
Il sindaco prosegue la sua mobilitazione per ottenere la riconferma del vincolo dell’81.

1998, 21 aprile. Dopo lunghe e insistenti richieste il sindaco Italo Lazzarini ottiene un’audizione al davanti al Comitato di Settore. Il primo cittadino ha così modo di spiegare la posizione del Comune.

20 luglio 1998. Il Comitato di Settore per i beni ambientali e architettonici, presieduto dal prof. Arch. Romeo Ballardini, delibera il mantenimento del vincolo posto nell’81, in pratica solo sulla Casa Rossa, le pertinenze e il terreno acquistato da Alfredo Panzini fra il 1909 e il 1929. Sulla restante area di circa cinquemila metri quadrati, interessata da un progetto di edificazione proposto da Immobiladria (società proprietaria dell’intero bene panziniano), il Comitato ha stabilito che: “In relazione all’area ubicata a sud-est dell’immobile, che costituisce una suggestiva cornice ambientale, di proprietà della famiglia Panzini, in quanto acquistato successivamente dai figli dello scrittore, il Comitato di Settore propone l’estensione del vincolo ai sensi della legge 1089/39, ex articolo 21”.
Tale articolo prevede la possibilità di inserire “distanze, misure e altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità delle cose immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e decoro”.
Il Comitato stabilisce che sarà la Soprintendenza a determinare le prescrizioni in vista dell’edificazione, “con particolare attenzione alla distanza dal confine dell’area vincolata, all’altezza dei fabbricati, da contenere il più possibile, e al mantenimento delle preesistenze arboree nelle zone più significative”.
Ai fini della decisione del Comitato è risultata decisiva l’audizione del sindaco del Comune di Bellaria Igea Marina Italo Lazzarini (“preso atto delle ulteriori informazioni fornite dal sindaco in udienza appositamente organizzata dal Comitato di Settore il giorno 17 marzo ’98”, si legge nel verbale del Comitato del 20.7.1998) che ha permesso all’organo competente di prendere visione di tutta la documentazione e di ascoltare le ragioni dell’Amministrazione comunale, che alla fine sono risultate determinanti. Ma il pressing del sindaco era iniziato molto prima con due lettere al ministro Walter Veltroni ed altre al ministro Beniamino Andreatta.

2001. La Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini e il Comune di Bellaria Igea Marina il 29 settembre sottoscrivono una convenzione grazie alla quale la dimora estiva dello scrittore potrà diventare patrimonio pubblico. La Fondazione Cassa di Risparmio assegna al Comune un miliardo e mezzo di contributo coi quali l’amministrazione chiude la trattativa in corso da lungo tempo con la società proprietaria del bene panziniano.

2004. Nel mese di dicembre il Comune diventa proprietario dell’intero complesso panziniano.

2005. La giunta comunale approva il progetto definitivo-esecutivo del Restauro della Casa Rossa.

2006. Il primo marzo partono i lavori di ristrutturazione ed i restauri del villino.
Il 15 dicembre la Casa rossa viene inaugurata alla presenza delle autorità politiche e religiose, fra cui il presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani, della Provincia di Rimini Ferdinando Fabbri, del sindaco di Bellaria Igea Marina Gianni Scenna, del presidente della Fondazione Carim Luciano Chicchi, del vescovo mons. Mariano De Nicolò.

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