Caro Pascoli, Caro Panzini…

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“Oh! vedi che mi sono ricordato più io che te, che siamo vecchi amici! Dammi tue notizie. Io sto, per ora, e per poco ancora, a Barga (Lucca). Tuo Giovanni Pascoli”.

 “Caro Pascoli, la tua gentilezza e la tua franca parola mi hanno fatto tanto piacere e vincono, come vedi dal pronome che mi sforza, la mia ritrosia. Io ti ho voluto sempre molto bene per quello che so e ho letto di te e quando l’anno scorso seppi che tu eri in Romagna, ebbi gran desiderio di venirti a trovare: ma lo farò quest’anno se tu verrai – ci verrai è vero? – e più avrò piacere se tu verrai da me qui a Rimini (Via L. Tonini, 4) dove, per le vacanze, vivo presso mia madre. (…) L’ultima settimana di Luglio la passai a Madesimo col Carducci. Mi ha parlato spesso di te. Avrò piacere, come tu mi chiedi, di parlarti di me se ne vale la pena; ma a voce e spero che tu venendo da queste parti che dopo tutto ti sono sì care – il senso il moto la luce di queste terre sono continui ne’ tuoi versi – me ne darai occasione. Affettuosamente Alfredo Panzini”. Con un P.S.: “Questa lettera scritta a Milano gliela spedisco da Rimini. Sono a far Natale con la mamma: solus cum sola”.
Sono due frammenti dello scambio epistolare fra Pascoli e Panzini (il primo è datato Barga, 31 luglio 1899 e il secondo verosimilmente dell’agosto dello stesso anno) pubblicati sulla Nuova Antologia, numero aprile-giugno 2015, a cura di Ennio Grassi e Mariangela Lando, accompagnati da un saggio dal titolo Caro Pascoli, Caro Panzini. Davvero una bella sorpresa imbattersi in questo carteggio “che comprende diciassette missive datate tra il luglio del 1899 e il 1911, l’anno prima della morte del poeta”. Emergono alcune sintonie di vedute fra Panzini e Pascoli che non passano inosservate: “Non ti figuri che cosa sia l’Italia in fatto di libertà di stampa! Io ho dovuto rinunziare a esporre certe mie idee politiche-sociali perché i giornali non ammettono che le proprie idee, o strapalerie d’immagini senza costrutto. In letteratura poi ci sono i giornali dei giovani che non gradiscono le lodi d’altri giovani che loro! Mi frulla l’idea di fondare un periodico settimanale letterario politico-sociale di liberi, di gente cioè che abbia passato l’Acheronte”, scrive Pascoli. E Panzini: “Dunque le cose sono come lei dice: grave, incredibile, ma è vero. Il Barnum della letteratura italiana ha scritturato tutto il corpo coreografico della penisola: ha irretito anche qualche leone: nulla più disponibile, né meno un fischio: accaparrati anche quelli. E d’altronde a che dolersene? Il male è organico; se lei lo strappa, domani si riproduce di nuovo. Bisognerebbe poter far leva sui giovani. Io lo so: i giovani sentono e intuiscono. Ma dove sono i giovani? Ungono le ruote del carro di Barnum…”. Così come è da segnalare la predilizione di Maria Pascoli, sorella del poeta, per Panzini:  “Maria è grande ammiratrice di lei: afferma che le piace più del Fogazzaro”, scrive il fratello allo scrittore della Casa Rossa, che risponde: “Quello che giudica sua sorella Maria sarebbe tale da inorgoglire la mia vanità, se non avessi per contrappeso la consapevolezza del mio mediocre valore e della finale vanità di tutte le cose, le letterarie comprese. Questa vanità è tuttavia tanto forte che mi costringe a richiamarle in mente la sua promessa e a pregarla di mutare in tempo passato il tempo futuro con cui comincia la sua cartolina: scriverò del suo libro. Domani vado a Rimini per le vacanze. So che lei in estate fu alla Viserba. Non vuol proprio più rivedere il nostro bel mare?”.
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Un inedito panziniano sulla «Nuova Antologia»

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Sul numero di aprile-giugno 2014 della “Nuova Antologia”, Ennio Grassi e Mariangela Lando hanno firmato un contributo molto interessante dal titolo “Il liceale Panzini e le prime prove narrative”, che introduce un vero e proprio inedito. Spiegano che durante gli studi al Foscarini di Venezia, Panzini compose anche i suoi primi lavori poetici e narrativi. Uno di questi era rimasto fino ad oggi nascosto, come scrivono Grassi e Lando, forse perché si tratta del “racconto in prima persona della propria iniziazione all’eros, attraverso l’incontro con una prostituta in un casa di tolleranza. Iniziazione che l’autore riempie, con ridondante enfasi, dei topoi e degli stereotipi di certa letteratura d’appendice allora assai in voga presso il pubblico dei lettori italiani”.

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Dalla Scuola media “Panzini” di Castellammare un bel ritratto dello scrittore

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Grazie alla segnalazione di Paolo Magnani siamo in grado di pubblicare (per alleggerire il pdf lo presentiamo in due parti, una prima e una seconda) un interessante documento realizzato dalla Scuola Media “Alfredo Panzini” di Castellammare di Stabia, dove lo scrittore insegnò durante la sua lunga carriera di professore (“Quando io andai per la prima volta a fare il professore (avevo poco più di venti anni), fu a Castellammare di Stabia, in III classe di Ginnasio…”).
In occasione della celebrazione del suo trentesimo anniversario, avvenuta nel 1994, la Scuola Media ha pubblicato un volumetto che risulta, appunto, molto interessante per diverse ragioni.
Partiamo dalla citazione di Cesare Angelini posta in apertura: “Alfredo Panzini seppe dire parole umane sulle cose essenziali, sugli umani vizi e sul valore, sulla vita e sulla morte, sull’amore e il dolore, su questo mondo così amabile e labile”.
C’è poi da segnalare la motivazione che sta all’origine della iniziativa, spiegata nella introduzione a firma di Luigi Avellino: “Il Collegio dei docenti nella riunione del 24 ottobre 1964, deliberò all’unanimità di intitolare la nuova Scuola ad Alfredo Panzini “Accademico d’Italia, il quale oltre che letterato e scrittore fecondissimo, fu professore per tanti anni, sano educatore della gioventù…” Oggi, un gruppo di docenti, sollecitato dalla motivazione scritta in quell’atto di nascita, ha voluto svolgere uno studio sul “ferace scrittore romagnolo”. Significativo che a trent’anni di distanza i docenti abbiano riconfermato, ed anzi rilanciato con intelligente partecipazione, quella motivazione, che fra l’altro descrive benissimo la “missione” panziniana.
Non solo. Addirittura la Scuola Media di Castellammare, nel lavorare allo studio, finalizzato “a favorire la conoscenza di questo onesto servitore dello Stato, scrupoloso nel maneggiare quel delicato orologio che è il cervello del giovane”, prese contatto con Matilde Panzini, all’epoca ancora in vita, e da lei raccolse materiale prezioso: “autografi, ritagli di giornali, fotocopie di bellissime foto staccate dalle pareti per farci vedere un papà più allegro, più familiare che si contrappone a quello ritratto nelle pose ufficiali”.
Infine, merita di essere sottolineato il ritratto di Panzini, originale e frutto di un serio lavoro di approfondimento, che emerge dalla pubblicazione della Scuola Media di Castellammare di Stabia. Complimenti!

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