Recensendo La cicuta, i gigli e le rose, curato da Marino Moretti e uscito da Mondadori nel 1950, Carlo Martini (che più volte si occupò dello scrittore della Casa Rossa) sulla «Nuova Antologia» sottolineò l’efficacia della raccolta sotto il titolo “così squisitamente panziniano”, degli Ultimi viaggi di un povero letterato, sparsi dall’autore sulla terza pagina del «Corriere della Sera» alla quale collaborò tra il 1924 e fino agli ultimi giorni della sua esistenza (morì a Roma il 10 aprile 1939). Commentava Martini che “si torna sempre volentieri a viaggiare col Panzini: pare di uscire con lui verso favolosi mattini. Sono pagine fresche, argute; scritte da un maestro della nostra lingua luminosa”.
Giudizi analoghi furono espressi anche da Pietro Pancrazi, che sottolineò come il “taglio” del viaggio di Panzini “fece scuola”, e in anni più vicini a noi da Pier Vittorio Tondelli. Dedicandosi alle “immagini letterarie di Riccione e della riviera adriatica” (Cabine! Cabine!, a cura di Fulvio Panzeri, in Riccione e la riviera vent’anni dopo, Guaraldi 2005) si dimostrò colpito da questo “giovane Holden furbo e sarcastico” ingegnoso come pochi altri nell’elaborare quella “specie di vera e propria metafisica delle navigazioni in bicicletta”.
Merita di essere riscoperto il Panzini viaggiatore, per le sue descrizioni di luoghi, tipi umani, natura e architetture, e capace come pochi altri di connettere l’osservazione di località e ambienti alla storia e al loro genius loci.
Ripercorreremo via via quelle osservazioni a occhi spalancati, che Panzini ci ha lasciato in articoli di stampa o in libri, muovendosi in bicicletta o in treno (molto più raramente in auto), almeno alcuni dei più significativi, da nord a sud dell’Italia. Marche, Romagna, Toscana, Lazio, Sicilia, Lombardia…
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